I Monti della Laga sono ricchi di cascate, complice l'arenaria, una roccia impermeabile che impedisce all'acqua di penetrare in profondità e quindi la costringe a "scivolare" in superficie. In questi monti non troverete mai sorgenti con portate d'acqua significative come nei gruppi montuosi limitrofi che sono di calcare e molto carsici. Qui però possiamo trovare corsi d'acqua a quote molto alte ma che risentono moltissimo delle precipitazioni e quindi soggetti a notevoli differenze di portata. Ovvio che se si effettua un'escursione per ammirare una cascata, il periodo migliore è l'inizio estate quando il flusso d'acqua è massimo per via dello sciogliemento delle nevi, qui di solito abbondanti; maggio e giugno sono i mesi migliori. Lo spettacolo a volte è suggestivo ma spesso mediocre, i salti non sono imponenti e se la portata non è elevata si può rimanere delusi. Comunque il refrigerio è assicurato.
Il Rio Volpara è l'artefice di queste che sono le cascate più alte del gruppo. Si tratta di un serie di scivoli che precipitano dalla Macera della Morte per oltre 600 m, nessun salto è maestoso ma nell'insieme offrono un bello spettacolo specialmente se le si osserva dall'altro lato della valle, per esempio dal Maularo o dalla cresta est della Macera della Morte.
Il sentiero per arrivare alla base dei salti è abbastanza semplice e frequentato, non presenta mai grossi dislivelli ed è sempre netto e visibile. Non era così fino alla fine degli anni '80 quando dopo il "Fornetto", il sentiero era completamento invaso dalla vegetazione e arrivare alle cascate era abbastanza avventuroso. In quegli anni Marco Florio, forte alpinista ascolano e ottimo divulgatore, stava "battendo" a tappeto tutto il gruppo. Dopo questa fase "esplorativa" tenne molte conferenze e pubblicò un volume (Monti della Laga wilderness). Arrivarono quindi numerosi escursionisti e la valle piano piano uscì dall'oblio. Nel 1991 è stato istituito il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti delle Laga che ha realizzato delle opere di sistemazione dei sentieri ancora oggi visibili (cartelli indicatori e staccionate) ma che stanno rapidamente dederiorandosi.
La segnaletica è scarsa ed è limitata ad alune tabelle, d'altra parte eccetto la parte finale, dove alcune valanghe hanno ammassato una grande quantità di tronchi, la mulattiera è sempre netta e facile da seguire. Speriamo solo che la strada che attualmente termina al rifugio Scalelle non vada oltre.
Il tracciato si inoltra nella valle passando sempre sul versante destro (orografico) della valle (a sinistra salendo), poco sopra il torrente che, nel suo viaggio verso la confluenza con il fiume Tronto (nei pressi di Acquasanta), cambia nome tre volte; nella parte alta è indicato come Rio Volpara poi diventa fosso della Montagna nel tratto mediano ed infine nella parte bassa, dove forma delle gole molto seggestive e ricche di grotte (Gole del Garrafo), diventa Rio Garrafo (vedi escursione). Prima di arrivare alla cascate della Volpara, con una breve deviazione, si può raggiungere la cascata delle Prata, formata dal Rio omonimo. Questo salto è alto circa 50 m e, ad inizio estate, forma una cascata molto ricca e spumeggiante. Il sentiero che permette di arrivarci non è semplicissimo ed è importante non uscire dalla traccia perchè il pendio a volte è molto scivoloso.
Quasi tutta la gita si svolge dentro il bosco, la copertura è quasi totale, solo nel tratto vicino al "Fornetto" alcuni brevi radure aprono la visuale sulla valle della Corte. Tutta questa zona era molto frequentata nel passato; i pastori stanziavano nella parte alta mentre lungo i versanti i carbonai allestivano le caratteristiche "cataste" di legna che permettevano di ricavare carbone dalla combustione del legno. Spariti i primi (in questa valle) e anche i secondi, oggi sono rimasti i cercatori di funghi che, nella stagione propizia, affollano in modo particolare il versante del Maularo (da maulo=mirtillo), il bosco che si estende lungo il versante nord della valle. Bosco in prevalenza composto da faggi ma che racchiude anche abeti bianchi e tassi, piante che gradiscono climi più freschi e temperati e che si sono spinte a questa latitudine nell'ultima glaciazione. Il bosco protegge anche il cinghiale. Purtroppo si tratta di una specie non autoctona bensì nord europea, molto più grande e prolifica. Dopo un ripopolamento effettuato poche decine di anni fa questo animale si è insiedato sbabilmente anche perchè protetto dalle attuali leggi contro la caccia nei parchi. La scelta di questo tipo di mammifero è stata fatta per soddisfare gli appettiti dei cacciatori che ovviamente vogliono esemplari sempre più grandi da uccidere. Una scelta scellerata che sta comportando molti problemi per gli agricoltori del posto che devono proteggere ogni orto o appezzamento coltivato dalla furia di questi animali che con le loro zanne sono capaci di "arare" vaste porzioni di territorio.
Lungo il percorso, dove termina la strada, è stato costruito un piccolo rifugio. Come ogni cosa che non ha una manutenzione costante anche quest'opera sta rapidamente deteriorandosi e fa abbastanza schifo. Anche diverse zone attrezzate a pic-nic nella valle sono state abbandonate e versano in condizioni pessime, un ottimo modo di sperperare soldi pubblici. Il rifugio Scalelle si trova a circa 2,5 km dal paese, in una zona caratterizzata da una forte concentrazione di toponimi religiosi: Ara della Croce, Porta del Papa, Vena dell'Altare, Fonte sant'Amico, ecc. Proprio quest'ultimo toponimo ci ricorda che in queste terre soggiornò Sant'Amico un personaggio molto popolare come anche Angelo Clareno, fondatore dell'ordine francescano dei Clareni. Il primo si trasferì in questa valle mentre il secondo soggiornò nella valle del Chiarino (da Clareno) sopra Colle di Arquata (vedi escursione).
Giunti alla cascata, è possibile continuare verso la cima della Macera della Morte (punto di confine tra tre regioni). Un sentiero inizia poco prima del primo salto e sale ripido poco a sinistra degli scivoli. Dopo un primo tratto netto con affacci sulle cascate, la traccia si fa molto esile per poi sparire completamente. Occorre veramente un occhio ben allenato per trovare il giusto percorso che sale fino ai prati e da qui in vetta alla Macera. E' un percorso per escursionisti molto esperti e consigliabile solo a persone molto allenate sotto questo aspetto. Dalla Macera si può poi scendere per il Maularo per la cresta est (vedi escursione), quello che fino a 150 anni fa era il natuarale confine tra due stati, lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli. Proprio perchè confine questo territorio ha vissuto il brigantaggio dagli albori alla fine, diversi pubblicazioni raccontano dei truci avvenimenti che spesso hanno insanguinato queste terre. Drammatici sono stati anche i fatti avvenuti durante l'ultima guerra quando numerosi partigiani e abitanti di Umito sono stati vittima di un rastrellamento delle truppe tedesche e fucilati sul posto. Nell’attacco a Pozza e Umito persero la vita 12 abitanti del posto e 37 partigiani, tra cui 15 jugoslavi. Altri riuscirono a fuggire verso monte protetti proprio da questi boschi che oggi ammiriamo con tutt'altra serenità.
Un'escursione adatta a tutti, per gran parte priva di difficoltà e al riparo dal sole. Se poi siete coraggiosi un bagno nelle conchette sotto gli scivoli di arenaria nella parte alta del percorso vi faranno passare ogni stanchezza.
Giunti ad Umito (bivio sulla Salaria SS4 nei pressi di Acquasanta Terme) o si parcheggia proprio davanti all'agriturismo la Valle dell'Orso (665 m circa) oppure si prosegue per la strada sterrata che (a destra) si inoltra nella valle tenendosi di poco sopra il torrente (Rio Garrafo o Fosso della Montagna). Dopo aver superato l'agriturismo Laga Nord si continua fino a dove in genere si può arrivare con l'auto (divieto di transito), nei pressi di un ponticello (Ponte Sassofiore, 668 m, 1 Km circa da Umito).
Salita
Dal ponte (668 m) si continua sulla strada che dapprima sale con due tornanti poi dopo una discesa giunge ad un fosso (Fosso delle Prata, 763 m, 0.20 ore, bivio a sinistra per le cascate delle Prata Vedi sotto). Si continua sempre su strada per un'altro chilometro fino a raggiungere un piccolo rifugio (rifugio Scalelle, 820 m circa ). Qui termina la strada e inizia la mulattiera. Dopo un primo tratto recentemente attrezzato con staccionate in legno il sentiero, sempre netto e visibile, raggiunge il Fornetto (1.00 ore, piccolo forno attrezzato dentro una grotta, 975 m circa ). Il sentiero qui scende per un breve tratto e supera vecchie costruzioni in pietra ormai dirute. Ancora un tratto nel bosco e si raggiungono gli scivoli di arenaria . Oltrepassati gli scivoli la traccia si fa un poco più esile e si attraversa una zona con diversi tronchi abbattuti dalle valanghe. Questo tratto è un po' disagevole; subito oltre si attraversa un fosso e si raggiunge un bivio. A sinistra il sentiero sale per la Macera della Morte (Vedi sotto) per le cascate invece occorre rimanere vicini all'alveo del fiume ed in breve si raggiunge la base del primo salto (1250 m circa, 2.00 ore).
Salita alle cascate della Prata
Dal bivio sulla strada (763 m) si prende il sentiero che subito sale ripido tra il fitto bosco. Il sentiero rimane sempre sulla sponda destra del fosso e dopo un tratto più pianeggiante si arriva alla base della cascata (15 minuti). Ritorno per lo stesso itinerario.
Dati tecnici
- Difficoltà: E
- Dislivello: 650 m circa
- Orario complessivo: 3.30/4.30 ore
- Sviluppo complessivo: 12 Km circa
- Segnaletica: scarsa, solo qualche cartello
Bibliografia
- Monti della Laga - le più belle escursioni - Società Editrice Ricerche
Cartografia
- Carta 1:25000 - Società Editrice Ricerche