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Cimone di Santa Colomba (Gran Sasso)

Il Cimone di Santa Colomba è un'aguzza cima che si erge tra i valloni di Fossaceca e del Malepasso, una vetta "minore" di difficile accesso e con un panorama superbo.
Il suo profilo emerge chiaramente se osservato da sud, dalle cime del Prena o dalle Torri di Casanova.
Innanzi tutto occorre fare un po' di chiarezza con i toponimi di questa zona: sulle carte IGM ce ne sono pochissimi e nessuno che indichi il nome delle valli. Esiste un fosso Malepasso e una località Fossaceca; abbiamo chiamato le valli con questi due nomi poichè ci sono sembrati i più significativi. Anche la vetta principale sulla carta IGM è indicata come "Cimone", l'aggiunta "di Santa Colomba" evidentemente è più recente. Tutta la zona in realtà è un "miscuglio" di nomi, per esempio su Internet è riportato che gli abitanti di Isola del Gran Sasso chiamano il Cimone "Lucertolone" e le le Torri di Casanova "Cimette di Santa Colomba". Su alcuni scritti troviamo che Fossaceca è anche chiamata "Inferno di Santa Colomba" e anche il monte Prena veniva chiamato "Montagna di Pagliara".
Però è abbastanza normale che con il passare del tempo alcuni toponimi cambino e altri vengano aggiunti.

In questa scheda abbiamo elencato le varie possibilità di salita al Cimone; occorre stare molto attenti perchè tutti i percorsi presentano difficoltà e pericoli oggettivi, alcuni sono riservati esclusivamente ad escursionisti con capacità alpinistiche. Probabilmente in passato il sentiero di accesso sul lato ovest della cima era in condizioni migliori; la salita - e la discesa - dovevano essere meno problematiche poichè nei pressi della cima (incredibile ma vero) c'è uno stazzo di pastori i cui resti sono ancora ben visibili. Potremmo chiamarla pastorizia "estrema"; ogni giorno il pastore doveva portare il suo gregge ad abbeverarsi e nei dintorni non c'è proprio nulla, il luogo più vicino dove trovare dell'acqua è il fosso: non proprio dietro l'angolo. Anche sotto la cima sono ancora visibili i resti di numerosi stazzi, d'altra parte la zona si presta al pascolo, i pratoni (di Santa Colomba ovviamente) sono molto vasti e rigogliosi ed è possibile trovare acqua nel fosso fino a stagione inoltrata.

Oltre ai pastori anche gli eremiti e i "santi" hanno frequentato assiduamente queste montagne; il massiccio del Gran Sasso è costellato di toponimi che ricordano anacoreti e mistici: San Franco, San Nicola, San Gabriele, ecc. Ma è santa Colomba il personaggio che in questi paesi ha lasciato una testimonianza duratura.

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Fonte Grotta e monte Camicia (Gran Sasso)

Il massiccio del Gran Sasso è molto avaro in fatto di grotte; nonostante l'enorme mole di roccia calcarea le cavità ipogee sono veramente poche e relativamente piccole. Due di queste sono situate sotto la cima del monte Camicia, a circa 2000 m di quota. Fonte Grotta è molto conosciuta e frequentata, ha un accesso abbastanza semplice e breve (circa 400 m di dislivello) e l'acqua che la percorre è usata per alimentare i fontanili sottostanti; infatti nei pressi dell'entrata c'è un piccolo sbarramento di cemento che serve ad incanalare l'acqua nell'acquedotto. La sua "gemella" è situata poco più a est ma per raggiungerla occorre superare un insidioso e pericoloso ghiaione; è preferibile accederci dalla ex miniera di lignite (o bitume) posta proprio alla base del pendio.

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Rava dei Ferrari (Majella)

Il versante ovest della majella offre numerose possibilità agli scialpinisti, i canaloni che scendono da diversi contrafforti sono quasi tutti percorribili con gli sci ; molti di tali valloni sono piuttosto famosi, altri per contro molto meno battuti. Tra la rava della Giumenta Bianca ( direttissima del M. Amaro), forse il più noto di tali canali, e l’ampio catino di Fondo di Majella, una serie interessante di valloni solca il versante. Uno di questi meno noti impluvi è quello della Rava dei Ferrari, che sbocca in corrispondenza cresta che delimita ad ovest l’ampia depressione di femmina morta. Il percorso è alquanto lineare, ma come tutti i canaloni va percorso con neve sicura e possibilmente non gelata, la non banale pendenza potrebbe in caso contrario riservare brutte sorprese.

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Ghiaione Sud (Monti Sibillini)

Tra gli itinerari sci alpinistici dei monti Sibillini, l’anello che si percorre salendo i uno dei canali del versante ovest del Redentore con discesa al lago di Pilato e risalita sulla cresta per il canale della Cima dell’Osservatorio occupa un posto di primo piano per impegno, bellezza dei luoghi e in genere per le sciabilità del percorso. Anche se lo sviluppo non è grande, il dislivello supera i 1600 metri e considerando la pendenza dei versanti è un itinerario classico di primavera, da percorre con neve ben assestata e possibilmente non ghiacciata nella sua parte ovest. In buone condizioni le soddisfazioni sciistiche sono pari a quelle estetiche, dal colpo d’occhio della vetta su tutti i Sibillini ed i prospicenti monti della Laga allo scenario di Pizzo del Diavolo sotto cui si passa.

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Monte di Mezzo da Cesacastina (Monti della Laga)

Il monte di Mezzo è una delle cime più frequentate del gruppo dei monti della Laga. Il dislivello non elevato (dal versante di Campotosto) e gli itinerari privi di grandi difficoltà permettono di salire questa cima con relativa sicurezza. Dal versante orientale invece le salite presentano dislivelli più marcati, sia che si parta da Alvi, da Frattoli oppure da Cesacastina. E proprio da quest'ultimo paese che inizia l'escursione più lunga per arrivare sulla cima di questo monte. Un'escursione che può essere percorsa ad anello salendo (o scendendo) lungo il versante di Frattoli. Il tracciato diventa così molto interessante, panoramico, vario ... e abbastanza lungo. Il panorama è di prim'ordine, in particolare sulla parte occidentale del gruppo del Gran Sasso ma anche sul lago di Campotosto fino ai monti Reatini e ai Sibillini. Vario perchè oltre alle praterie di alta quota si attraversano faggete con parecchi esemplari di faggio secolari. Lungo perchè occorre percorrere più di 20 Km per completare l'anello.

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Sentiero delle Cimette (Gran Sasso)

Il sentiero delle Cimette è uno di quei percorsi che usavano i pastori per spostarsi da una valle all'altra; percorsi a volte molto arditi che dovevano superare ripidi pendii o esili cenge. Sicuramente nel passato il tracciato era più agevole, queste vie di comunicazione erano frequentate giornalmente e c'era un minimo di manutenzione.
Oggi, praticamente abbandonato, questo sentiero presenta dei tratti difficili e pericolosi; in particolare nell'attraversamento dei numerosi canali che scendono lungo il versante.
L'acqua negli anni ha scavato questi impluvi ed ora occorre superare, senza sentiero, ripidi pendii ghiaiosi ed instabili; a picco su alte pareti rocciose.
Ed è l'esposizione una delle caratteristiche principali di questo itinerario; in diversi punti si cammina a pochi metri dal ciglio di profondi burroni e bisogna stare molto attenti poichè non è ammessa una caduta. Un altro pericolo può venire dalla neve, ad inizio stagione i canali sono ancora ostruiti e può essere problematico attraversarli (piccozza e ramponi).
L'ambiente è selvaggio come pochi: in diversi punti ci sono rari segni di passaggio ed occorre intuire la traccia tra l'erba o tra le rocce. Quello del sapersi orientare è un aspetto dell'escursionismo che va scomparendo e di conseguenza anche il senso di avventura: gran parte del percorso è segnalato con maldestri segni giallo-rossi e cerchi rossi. Di recente alcuni "verniciatori" si sono presi la briga di dare una mano (sicuramente non richiesta) a tutti coloro che vogliono cimentarsi in questo e in altri itinerari 1.

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Monte di Valle Caprara (Monti Marsicani)

Un duemila mancato: il monte di Valle Caprara. Per soli 2 metri, questa cima, non raggiunge la soglia dei 2000 m ma, fortunatamente, non penso che qualcuno si strapperà i capelli per questo. Per il resto si tratta di un ottimo balcone sull'alta valle del Sangro, dalla vetta si domina Pescasseroli e tutta la cornice di monti che circonda questo paese. L'escursione descritta inizia dal passo del Diavolo; nonostante il dislivello non sia elevato occorre superare un notevole sviluppo, circa 18 Km, e quindi non è per nulla banale. Sarà per questo che probabilmente non si incontrano molte persone nella zona. Il percorso è segnato con segni di vernice, in gran parte si svolge se una netta traccia e solo in pochi punti occorre andare "a occhio". All'andata è meglio passare per il vallone Lampazzo, una stretta e rigogliosa valle immersa nel verde, mentre al ritorno si può preferire il fosso Perrone, un tragitto lievemente più lungo che attraversa vaste radure pianeggianti. Un'escursione piacevole.

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Monte Marsicano (Monti Marsicani)

Non è facile capire la disposizione e il confine dei monti Marsicani. Gli altri gruppi montuosi spesso sono strutturati come catene montuose, magari lunghe e articolate, ma composte sempre da un insieme di cime collegate tra loro (Sibillini, Laga, Gran Sasso, Maiella, ecc.). I Marsicani no; sono un insieme di gruppi e di sottogruppi. Questo comprensorio geografico comprende quindi parecchie cime, anche distanti tra loro; molte superano i 2000 m (oltre 50). Il monte Marsicano, con i suoi 2253 m (o 2257 m sulle ortofocarte) non è il più alto, il monte Greco ad esempio raggiunge la quota di 2285 m. In compenso dovrebbe essere la cima più alta del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise poichè il monte Petroso è di "soli" 2243 m. Sull'altezza della montagna c'è anche altro, guardando le carte topografiche ci si accorge subito che la cima ufficiale (quella con la croce per intenderci) è alta 2245 m ed è indicata come Monte Marsicano mentre la cima (senza nome) distante circa 700 m verso est viene indicata con l'altezza di 2252 m e quindi più alta. Un "mistero" locale che lasciamo risolvere a chi si occupa di cartografia e/o censimento; nel dubbio non resta che salirle entrambe.

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Via CAI Penne (Torri di Casanova, Gran Sasso)

Passaggio alpinistico sulla via CAI Penne

Tutto il versane meridionale, compreso tra il monte Bancastello e il monte Prena, è contraddistinto da profondi canaloni e da selvagge pareti rocciose. La via "CAI Penne" lo risale fino ad uscire sulla cresta tra il Vado del Piaverano e le Torri di Casanova. Si tratta di un itinerario alpinistico che presenta parecchi passaggi di I e di II grado. Giunti sulla cresta si intercetta il Sentiero del Centenario e quindi si può scegliere se, scendere per il Vado del Piaverano, oppure continuare a salire per la via ferrata "Gianni Familiari" alle Torri di Casanova. Superata questa cima si può scendere dalla Forchetta di Santa Colomba oppure, se si è discretamente allenati, si può optare per la via del Tenente Cieri (vedi itineraio Via Cieri che scende direttamente dal monte Infornace. Un itinerario piacevole (per chi ha dimestichezza con queste difficoltà) che attraversa un tratto della piana di Campo Imperatore, risale il fondo di un canale, percorre un tratto attezzato e molto panoramico del lungo Sentiero del Centenario ed infine, giunti alla Forchetta di Santa Colomba, scende per un ripido canale fino a riprendere il percorso dell'andata. Un anello non troppo lungo ma abbastanza impegnativo per via dei numerosi passaggi rocciosi. La via ferrata Gianni Familiari alle Torri di Casanova non è in buono stato di conservazione; alcuni tratti di corda sono tranciati ed occorre anche qui superare brevi passaggi alpinistici e comunque molto esposti.

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Monte Semprevisa (Monti Lepini)

Il monte Semprevisa è la cima più alta dei monti Lepini e, a dispetto della sua altezza non certo elevata (1536 m), offre escursioni di notevole bellezza. L'itinerario più comune per raggiungere la vetta inizia dalla Pian della Faggeta, sopra il paese di Carmpineto Romano. Dal pianoro si può scegliere se salire diretti oppure passare per il monte la Croce. Il cosiglio è di fare un anello, salire per il vallone dove c'è la fonte Acqua Mezzavalle (asciutta purtroppo) e scendere poi per il monte la Croce. Un anello molto interessante sia dal punto di vista naturalistico (bellissime faggete secolari) sia dal punto di vista panoramico (un balcone naturale verso le pianure laziali).

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