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Le due generazioni (Corno Piccolo)

Itinerari aperti da cordate composte da padre e figlio sono molto rare: la via delle due generazioni, aperta nel 1981 da Roberto (il figlio) ed Enrico Ciato (il padre) è una di queste. Da subito è diventata una delle vie più ripetute della Seconda Spalla; roccia ottima, possibilità di proteggersi e un passo di VI che ha messo ha dura prova numerose cordate. La via sale all'estrema sinistra della parete nord; i gradi sono discontinui, rimangono contenuti (max V), per quasi tutta la via eccetto la partenza dell'ultimo tiro dove occorre superare una placca di VI grado. La roccia è ottima e le soste sono attrezzate anche se occorre sempre stare attenti perchè il materiale spesso è datato. In genere ci si può proteggere abbastanza facilmente con dadi e/o friend, le protezioni non sono abbondanti ma presenti nei passi più duri. Oggi ad esempio nel passo chiave ci sono ben tre chiodi mentre anni fa ce n'era soltanto uno.

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Grotta del Capraro (Monte Corvo - Gran Sasso)

La grotta del Capraro è la grotta pastorale più alta (come quota) del Gran Sasso ed è posizionata in uno dei posti più scomodi e impervi del monte Corvo. Il versante sud di questa montagna è caratterizzato da una lunga e articolata fascia rocciosa inervallata da cengie e canaloni. Proprio tra queste balze rocciose, in uno dei numerosi antri, è rimasta una testimonianza della vita pastorale di un tempo passato. A circa 2400 m di quota, difficile da raggiungere, a picco sulla valle e circondata da dirupi, la grotta ha ospitato pastori e capre; queste ultime sicuramente a loro agio tra le ripide pareti. Oggi lo stazzo non è più in uso (fortunatamente per il pastore) e le capre sono state rimpiazzate dai camosci; anche loro a proprio agio. Il toponimo "Grotta del Capraro" non è riportato sulle carte topografiche, lo abbiamo trovato in un articolo di Domenico Gizzi pubblicato sul Bollettino del CAI dell'Aquila del 1995. L'autore dell'articolo, dopo aver compiuto varie ricerche, non è riuscito a risalire all'epoca di utilizzazione del sito che, vista la posizione, si è conservato in modo eccellente. In realtà si tratta di un muretto a pietra, addossato alla parete, che forma una piccolissima camera dove a malapena entra una persona. Se si è dotati di un minimo di fantasia non è difficile immaginare le condizioni di vita dei pastori che hanno abitato queste grotte; l'aggettivo durissime è ancora in difetto e anche Domenico Gizzi nell'articolo citato scrive "... ai limiti estremi della vivibilità".

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Vallone delle Tre Grotte (Majella)

La Majella è costellata da grotte pastorali. Cavità, a volte solo accennate, dove i pastori hanno ricavato il loro stazzo. D'altra parte qui la pastorizia era la risorsa economica più importante ed è stata mantenuta fino a poco tempo fa (la grotta Rutilicchie è stata abbandonata solo nel 1995). Una pastorizia spesso non legata alla transumanza orizzontale, quella più conosciuta che dall'Abruzzo arrivava al Tavoliere delle Puglie bensì a quella "verticale", cioè una transumanza tra paese e montagna: la monticazione. D'estate il pastore saliva verso le terre alte, sopra il margine dei boschi, d'inverno scendeva in paese e teneva le pecore nei pressi del borgo. Questo non deve far pensare a condizioni di vita migliori, basta visitare una di queste grotte per rendersi conto (molto approsimativamente) del tipo di vita a cui un pastore era soggetto, a volte di una durezza incredibile. Sullo stazzo sotto il monte Pescofalcone alcuni pastori hanno avuto il bisogno di scolpire questa condizione sui massi sparsi nei dintorni. Numerose mani hanno scritto frasi dove le parole "Mai più" ricorrono spesso. Questo "Mai Più" scritto da persone abituate a questo tipo di vita fa supporre che le condizioni di vita qui erano al limite del tollerabile.

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Di Federico-De Luca (Monolito, Corno Piccolo)

La via Di Federico - De Luca è stata la prima via aperta completamente in libera sul Monolito. Giampiero Di Federico qui ebbe una splendida intuizione e riuscì a trovare una linea tra le difficilissime placche di questo compattissimo scudo roccioso. Insieme ad Enrico De Luca, nel 1980, nasce così questa via che diventa subito una delle vie più ripetute ed apprezzate del Monolito. Prima di allora, sulla parete erano state aperte diverse linee, la Rosy, la via del Monolito, la Emanuela, Aquilotti 73, tutte però con passaggi di artificiale. Dopo la Di Federico - De Luca le placche non fanno più paura e, vista la qualità della roccia, vengono aperte alcune delle vie più dure del gruppo: Baphomet, Golem, Kronos, ecc. Qui iniziano a vedersi anche i primi spit, compaiono su "Il ritorno degli eroi", una via molto dura aperta da Fabio Delisi con Simone Gozzano e Fabrizio Lemma. Non sono accolti molto bene anche perchè vengono messi calandosi con la corda dall'alto. Poco dopo vengono rimossi. Siamo nel 1984, l'argomento spit si, spit no fa ancora molto discutere.

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Via del Vecchiaccio (Corno Piccolo)

La via del Vecchiaccio è una delle vie più ripetute del Gran Sasso. Generalmente la stragrande maggioranza delle cordate preferisce evitare l'ultimo tiro, quello più difficile, ripegando per la vicina Aquiloti '72. Anche nel 1977, anno di apertura di questa via, la cordata Bini, Marcheggiani e "il Vecchiaccio" (cioè Vito Plumari) tirarono dritti per i chiodi a pressione di Aquilotti ed evitarono il tratto finale; una liscia e improteggibile placca di calcare compatto. Passò poco tempo e ancora Bini, questa volta con Raffaele Bernardi salì anche quest'ultimo tiro realizzando così la via più dura del Gran Sasso. Il primato durò poco perchè nel 1978, l'anno d'oro della cordata Bini-Vecchiaccio, vengono aperti altri stupendi e difficilissimi itinerari sulle Spalle del Corno Piccolo. Dopo il Vecchiaccio seguono le Placche di Manitù e le Placche del Totem sulla Seconda Spalla, mentre sulla Prima Spalla, questa volta senza Plumari, viene aperta la Stefano Tribioli. Così, a soli 19 anni, Pierluigi Bini è già un fuoriclasse, le sue vie rimarranno per anni tra le più difficili e temute del gruppo. Per la prima volta venivano salite delle placche senza ancoraggi fissi (spit o chiodi a pressione); questo rendeva l'arrampicata molto rischiosa perchè tra una protezione e l'altra spesso occorreva proseguire per molti metri senza nessuna possibilità di proteggersi.

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Forra della Sibilla (Monti Sibillini)

Giuseppe Antonini nel suo libro "Figlie dell'acqua e del tempo" giudica questa forra: "itinerario discretamente interessante, caratterizzato da un profilo essenzialmente verticale; diventa piacevole se affrontato in regime di massimo scorrimento". Da queste poche parole si capisce la profonda differenza tra chi pratica il torrentismo seriamente e chi invece scende qualche forra in modo saltuario come il sottoscritto e i suoi amici; i primi amano ficcarsi sotto l'acqua gelida, gli altri hanno freddo solo a pensarci. Per questo abbiamo ripetuto questa forra nel suo periodo di portata minima. Al di là di queste differenze acquatiche penso che entrambi apprezziamo la bellezza e la suggestione di questi luoghi nascosti e "misteriosi". La forra della Sibilla è conosciuta anche come Arcofù, dall'arco roccioso che sovrasta l'ultima calata prima di giungere sull'alveo del Tenna.

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Spigolo di Paoletto (Corno Piccolo)

Lo Spigolo di Paoletto, aperto nel 1974, è ancora oggi uno degli itinerari più frequentati della parete nord del Corno Piccolo. Accesso veloce, possibilità di ritirata, gradi classici e roccia ottima sono le note positive di questa via. Ultimamente, visto il caldo di queste estati, anche l'esposizione a nord rientra tra i fattori positivi. Di contro ha uno sviluppo limitato (meno di 200 m) che però, ad esempio nei corsi, può rappresentare un vantaggio. I passaggi più difficili sono di V ma, se si vuole, si può aumentare la difficoltà con una breve variante al secondo tiro. Se, invece di traversare verso destra, si prosegue sulla fessura di sinistra, si aggiunge alla via un bel passo di VI grado. Inoltre, giunti alla quarta sosta (in comune con quella della Iskra) se si prosegue per quest'ultima si aggiunge un altro bel tiro di V grado.

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Il Sentiero delle Scalette (Monti della Laga)

Il versante occidentale di Cima Lepri è il più tormentato nel gruppo dei monti della Laga. Ripidissimi canali e crinali rocciosi si alternano per chilometri. Enormi lastroni di arenaria impediscono all'acqua di penetrare nel terreno costringendola così a scivolare nei numerosi fossi dove spesso forma cascate anche molto vistose. Il fosso di Piè di Lepre scende diretto da Cima Lepri formando una serie ininterrotta di salti per oltre 400 metri. A prima vista la zona sembra quasi inaccessibile. Invece, entrandoci dentro si scopre una vasta rete di sentieri. Mulattiere che collegavano i numerosi stazzi dei pastori disseminati su tutto il territorio, spesso in luoghi adatti più alle capre che agli umani. Questi sentieri si inoltravano in luoghi molto accidentati poichè i pastori avevano colonizzato tutti i pascoli possibili, spesso erano larghi e ben tenuti altre volte solo una esile traccia tra l'erba. Oggi sono percorsi di rado e spesso versano in stato di abbandono, l'erba ha invaso parzialmente la traccia e a volte non è semplice individuare il percorso.

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Monte di Cambio (Gruppo del monte Terminillo)

Sigillo si trova alla base di valle Scura, una valle molto lunga, boscosa e poco frequentata. Il suo versante settentrionale è ripido e costellato da pareti rocciose. Questo itinerario passa proprio tra queste balze di roccia, su un sentiero abbandonato che risale il colle dei Tratturi ed esce sulla fonte dei Cavalli. Un percorso ardito, a tratti molto esposto e non facile da trovare. In compenso offre affacci molto suggestivi su una natura selvaggia (almeno nel primo tratto). Meta della gita è il monte di Cambio, una delle cime più alte del gruppo.

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Passo Cattivo (Monti Sibillini)

Passo Cattivo e Infernaccio: questi due toponimi indicano sicuramente luoghi malefici e pericolosi. Sicuramente lo sono stati in tempi remoti ma oggi il passo è addirittura attraversato da una strada e non fa più paura più a nessuno. Stesso trattamento è stato riservato alle gole dell'Infernaccio, poco più a valle. Il valico mette in comunicazione i due versanti dei monti Sibillini ed era molto usato in passato. Ce lo ricorda Andrea da Barberino che nel suo romanzo cavalleresco fa passare Guerrin Meschino proprio in questi luoghi alla ricerca della fata Sibilla. Eravamo nel XIV secolo! oggi le Sibille non esistono più (probabilmente finirebbero arrestate dalla Buon costume) e questi luoghi sono frequentati solo da pastori ed escursionisti.

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