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La Majella, vista da lontano, ha dei contorni rotondeggianti che possono facilmente trarre in inganno chi non la conosce. Appena ci si avvicina o s’inizia a percorrerla, ci si rende conto invece che i valloni più lunghi, selvaggi e ripidi dell'Appennino Centrale si trovano proprio qui, in particolare sul versante orientale.
Ad esempio da Fara S. Martino per arrivare sul monte Amaro occorre percorrere una valle che durante il suo corso cambia nome tre volte e ciò lascia comprendere che proprio breve non deve essere. Anche la valle del Forcone cambia nome tre volte; da Fara inizia con il nome di valle del Fossato poi diventa val Serviera, un vero e proprio canyon accessibile solo ai torrentisti e solo nella parte alta prende il nome dell'omonima cima posta sul suo versante sinistro orografico, di fatto, neanche la più importante. La valle del Forcone è raramente percorsa da escursionisti, per diversi motivi. Da dovunque la si voglia prendere, richiede sempre lunghi avvicinamenti, spesso di parecchi chilometri con notevoli dislivelli e si presenta priva di sentieri netti e facilmente individuabili. Queste caratteristiche respingono la gran parte dei camminatori e rendono questa zona selvaggia e solitaria, una valle dove regna il silenzio e dove occorre ragionare un attimo per trovare la giusta traccia. La valle del Forcone propriamente detta inizia dalla grotta Callarelli, un ex ricovero per pastori adibito a bivacco per non più di 2/3 persone.
Per arrivarci occorre fare un lungo tragitto sia salendo da Fara San Martino per la valle di Santo Spirito sia che si opti per Colle Bandiera e la Val Serviera. La lunghezza del percorso non è da sottovalutare. Di seguito viene relazionata la salita che passa per la valle di Santo Spirito più lunga di quella per colle Bandiera (2 Km e 200 m di dislivello in più) ma con il pregio di essere più ombrosa cosa che d'estate fa la differenza. I sentieri fino alla grotta Callarelli sono segnati e ben tracciati poi occorre andare un po' a "vista" in particolare nel primo tratto dove il sentiero non è netto.
In aiuto vengono gli ometti, spesso presenti lungo il percorso. L'itinerario proposto taglia il versante sud del monte Forcone tenendosi in quota fino a raggiungere la sella denominata "la Carozza". La Valle viene attraversata solo parzialmente anche perchè per gran parte è scoscesa e priva di sentieri. Il versante nord, che precipita dal monte Acquaviva, è caratterizzato da profondi canali e pareti rocciose mentre il fondovalle è costituito da stretti canyon che spesso contengono nevai anche ad estate inoltrata. Probabilmente negli anni passati qualche traccia doveva esserci anche in basso ma ormai è sparito quasi tutto.

Anche lungo questo itinerario si trovano vecchi stazzi abbandonati che testimoniano come fino a pochi decenni or sono questa montagna era un brulicare di pastori e greggi. Proprio perché l'abbandono di questi luoghi è relativamente "recente" ancora possiamo percorrere i sentieri che, come una ragnatela, avvolgevano tutte le valli. In uno di questi stazzi, nei pressi del sentiero, alcune incisioni sulla pietra testimoniano la presenza di pastori nel 1919. Sono pastori di Padula, quindi dei Monti della Laga, come quelli che hanno inciso i massi nella parte finale della Rava del Diavolo, tra il monte Rotondo e il Pescofalcone. Anche qui molte incisioni riportano nomi e luoghi appartenenti a pastori della Valle Castellana, ai confini settentrionali della regione, non proprio dietro casa.
Alle quote più alte il pino mugo si sta rimpossessando del suo territorio, una pianta dannatamente ostile all'escursionista per via dei sui rami che creano una barriera impenetrabile. Se non intervengono manutenzioni costanti in pochi anni molti passaggi si richiuderanno rendendo di fatto impraticabili molte zone. Per la discesa qui si è preferito scendere per il vallone d'Ugni (o valle di Palombaro). Non è l'unica soluzione, si può tornare alla grotta Callarelli e rientrare per la Val Serviera facendo un anello, oppure proseguire per la Cima delle Murelle e scendere al Blockhaus realizzando una traversata: comunque sempre con notevole sviluppo chilometrico. Per percorrere queste valli è sempre preferibile avere più giorni a disposizione e sfruttare come bivacchi, i ricoveri/rifugi presenti quasi dappertutto.

Un'escursione sicuramente molto interessante, richiede allenamento ed esperienza ma è di grande soddisfazione. Molto utile se non indispensabile, una carta topografica aggiornata. Lungo il percorso, in particolare nella prima parte, è possibile rifornirsi di acqua.

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Accesso

A Fara San Martino seguire i cartelli per le Gole di San Martino e parcheggiare nell'ampio piazzale poco prima delle gole.

Salita

Da Fara San Martino (458 m) si entra nella gola di San Martino, si oltrepassano i ruderi del monastero di San Martino in Valle e si prosegue nella valle di Santo Spirito per il netto sentiero H1 che si snoda sul fondovalle. Si supera prima la fonte di Vaiz' Long e poi la fonte delle Vatarelle (900 m circa). Giunti in località Bocca dei Valloni, (punto di congiunzione tra la valle di Santo Spirito - che da qui in poi prende il nome di valle di Macchia Lunga - e la valle delle Mandrelle, 1055 m, 5.5 Km circa, 1:10 ore), si lascia il sentiero principale (H1) e si prende a destra (sinistra orografica) il sentiero (G6) che sale con strette svolte in un bosco di faggi. A quota 1180 m circa, si lascia sulla sinistra il sentiero che entra nella valle delle Mandrelle (vedi Valle delle Mandrelle) e che termina sotto la cascata del Macellaro (vedi Cascata del Macellaro) e si prosegue verso destra per la marcata mulattiera. Poco oltre, una valanga (inverno 2016) ha divelto molte piante ed è stata realizzata una variante a monte che aggira i punti più problematici . Ripreso il sentiero originale si continua ad obliquare seguendo un sentiero a tratti scavato nella roccia e si giunge ad un bivio dove, a destra, in breve si può raggiungere la fonte del Pesco (1330 m circa, 2:00 ore). Tornati al sentiero principale si continua con ripidi tornanti fino al crinale (la cresta orientale del monte Pizzone) dove il tracciato si addolcisce. Si segue la cresta per poco e si prende a destra un netto sentiero che entra nella val Serviera traversando in leggera salita il boscoso pendio.
Quando la mulattiera inizia a scendere, si esce dal bosco e s’intravede sull'altro versante la grotta dei Callarelli. Ancora un tratto in discesa, si oltrepassa una sorgente, si supera il torrente (asciutto in estate inoltrata vedi Val Serviera) e si risale alla grotta-bivacco (1553 m, 11:00 Km, 3:00 ore).

Da qui si prosegue per il sentiero G8 che risale la valle dell'Acquaviva e che con deviazione conduce anche al monte Pizzone (vedi Monte Pizzone). Ci si tiene sempre sul versante destro (sinistra orografica), il sentiero principale (G8) dopo pochissimo scende al torrente per traversare sull'altro versante, qui lo si lascia e si inizia a salire fino a raggiungere, poche decine di metri più in alto, una traccia più netta. Dopo un tratto semi pianeggiante si sale per una pietraia molto ripida (ometti), poi si supera una fascia rocciosa e quindi di nuovo un ripido pendio con pietraia fino ad incrociare, a quota 1860 m circa, una traccia molto più marcata che con pendenza più gradevole traversa per tutto il versante. Per questo sentiero, a volte netta, a volte molto meno (ometti) si continua per un lungo tratto aperto fino a un vecchio stazzo (2040 m circa) poco sotto uno sperone di roccia da cui si gode la veduta di tutta la valle. A quota 2100 m circa, è possibile, con una brevissima deviazione, visitare un vecchio stazzo posto sotto uno strapiombo (incisioni rupestri di pastori). Poco oltre il sentiero entra nel bosco di pini mughi e sempre in leggera salita si raggiunge la sella tra la Cima delle Murelle (vedi Cima delle Murelle) e la cima del Martellese e che collega la valle del Forcone con la valle dell'Inferno: il valico della Carrozza o Carrozza oppure selletta dell'Inferno (2140 m circa, 15,00 Km, 5:15 ore), un grandioso punto panoramico nel cuore di questo massiccio montuoso. Si scende dal lato opposto, nella valle dell'Inferno che precipita nella selvaggia valle di Selvaromana (vedi Valle di Selvaromana). Il sentiero, sempre netto tra i mughi, prima scende poi nell'ultimo tratto risale per raggiungere il largo crinale dove è situato il rifugio Martellese o Ugni II a 2049 m. Il rifugio è sempre aperto con camino e posti letto e viene manutenuto dai Carabinieri Forestali di Pescara.

Discesa

Da qui si segue il sentiero G5, prima sui prati (picchetti di legno) poi nel ripido bosco di mughi e infine sul fondo del vallone di Palombaro (o vallone d'Ugni o del fosso La Valle vedi Valle di Palombaro). Il vallone, molto spettacolare e selvaggio, è anche abbastanza disagevole e molto lungo. A quota 1610 m circa, si lascia sulla destra il sentiero che sale sulla cima Macirenelle (vedi Cima Macirenelle) e si continua sul fondo del canyon fino a raggiungere la strada in cemento che sale da Palombaro (830 m, 7:30 ore). Pochi metri in basso e si prende il sentiero G3 (tabelle) che verso destra, prima in leggera salita, oltrepassa la grotta dell'Eremo di Sant'Angelo, poi in leggera discesa arriva alla strada in contrada Capo le Macchie (765 m circa, 8:00 ore, 25 Km circa).

tracciato escursionismo, valle del forcone - gruppo della majella

Dati tecnici

  • Difficoltà: EE
  • Dislivello complessivo: 1900 m circa
  • Orario complessivo: 8:00/10:00 ore ore
  • Sviluppo complessivo: 25 Km circa
  • Segnaletica: sentieri del Parco fino alla grotta dei Callarelli (H1 e G6) e dal rifugio Martellese a Capo le Macchie (G5 e G3). Nessuna segnaletica ma diversi ometti nella valle del Forcone.
Bibliografia
  • Majella le più belle escursioni - Società Editrice Ricerche
Cartografia
  • Carta 1:25000 Majella - SER
  • Carta turistica in scala 1:50.000 - Parco Nazionale della Majella
  • Carta 1:25000 Majella - Ed. Il Lupo

Foto di Antonio Palermi e Andrea Di Bello

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