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Monte Calvo

Lo scialpinismo per molto tempo, ha racchiuso al suo interno due parti spesso separate: quella atletico-sportiva (la discesa) e quella riflessiva-contemplativa (la salita). Di recente anche la seconda sta assumendo i connotati della prima e sempre più praticanti di questa attività indossano tute attillate e scarponi superleggeri cercando di abbassare sempre più i tempi della salita. Il tempo (inteso come prestazione) e la qualità della neve, diventano i soli parametri per definire la riuscita di una gita. Il monte Calvo si sottrae a questa classifica, dislivello non elevato, pendenza relativamente contenuta, poco frequentato e per nulla di moda. Coloro che ancora non hanno completamente ceduto al lato tecnico-sportivo di questa attività potranno trovare in questa escursione delle valide motivazioni.

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Valle delle Cento Fonti (Monti della Laga)

La valle delle Cento Fonti si apre sopra il picolo borgo di Cesacastina, sul versante orientale dei Monti della Laga. D'estate è caratteristica per via dei numerosi scivoli d'arenaria solcati da piccoli torrenti. D'inverno è una classica dello scialpinismo anche se le condizioni della neve, vuoi per l'esposizione (sud-est), vuoi per pendenze (moderate), spesso non sono ottimali. Il rischio valanghe qui è molto ridotto e l'escursione si presta benissimo all'uso delle ciaspole. Nel tratto finale si può decidere se raggiungere la Cima della Laghetta oppure il Monte Gorzano, di seguito viene relazionata la prima opzione cioè la Cima della Laghetta.

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Il Paginone (Monte Camicia - Gran Sasso)

Il Paginone è un toponimo inventato dagli scialpinisti per indicare il versante sud del monte Camicia. Si tratta di un versante molto largo, con pendenza costante (eccetto un breve tratto) e quasi sempre in ottime condizioni. Queste caratteristiche rendono la zona molto appetibile ed infatti questo versante è il più frequentato della zona. La frequenza dipende molto dalle vie di accesso, la piana di Campo Imperatore d'inverno è chiusa al traffico e raggiungerla non è semplice; di solito viene aperta la strada che sale da Castel del Monte per via delle piste di fondo ma questo non è sempre vero ed è saggio informarsi in anticipo sulle condizioni di viabilità, poichè il rischio di trovarsi bloccati poco dopo il paese è concreto. Quando la strada è aperta si può arrivare fino a Fonte Vetica e quindi gli itinerari più accessibili sono proprio quelli che riguardano il monte Camicia.

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Tavola Rotonda (Majella)

Di solito quando si parla di scialpinismo in Majella si parla di Rave sul versante occidentale e di valloni sul quello orientale, la Tavola Rotonda da sud invece, si differenzia totalmente da questa tipologia di itinerari, semplice, con poca pendenza, relativamente tranquilla è adatta a tutti e non richede esperienze particolari. Un tratto dell'escursione coincide con le piste degli impianti di Campo di Giove per cui è meglio fare questo itinerario quando questi sono chiusi oppure salire solo il tratto superiore: dalla fine degli impianti alla cima della Tavola Rotonda.

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Monte Lieto (Monti Sibillini)

Il monte Lieto è una delle cime che circonda la val Canatra, nei pressi del paese di Castelluccio. Questa piccola valle d'inverno è molto frequentata da sciatori ed escursionisti perchè ha dislivelli e difficoltà non eccessivi. Può essere anche una valida alternativa quando le condizioni meteo o la neve non siano ottimali. Insomma un luogo "per famiglie" ma che, come per tutte le escursioni invernali, va sempre preso con le dovute precauzioni. Il monte Lieto, con i suoi 1944 m è il più alto delle cime di questa zona e, se fatto come relazionato sotto, offre una divertente e non breve gita scialpinistica. La discesa per Valloprare è divertente ma anche esposta alle valanghe per cui va affrontata con manto stabile. Se si volessse affrontare solo questa discesa e non fare l'anello proposto conviene salire direttamente da Forca di Gualdo.

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Monte Sirente da Ovindoli per la Valle d'Arano

Il monte Sirente ha due versanti completamente differenti tra loro. Quello settentrionale è caratterizzato da profondi valloni e alte pareti rocciose, quello meridionale invece non ha mai grandi pendenze ed è molto vasto; per questo si presta molto bene ad escursioni e gite scialpinistiche tranquille con pochi problemi. Ci possono essere complicazioni in caso di scarsa visibilità, qui con la nebbia l'orientameno può diventare veramente problematico. Il primo tratto della salita si svolge su una strada abbastanza monotona che permette di raggiungere la Bocchetta del Prato del Popolo, da qui si apre l'orizzonte ed è possibile salire fino in vetta seguendo il proprio istinto, non ci sono infatti creste nette o valli ben definite, l'intero versante è tutto un susseguirsi di dossi e valloncelli. Questo vale anche per la discesa, ognuno qui può scegliere il proprio personale percorso.

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Macera della Morte da Passo il Chino (Monti della Laga)

Il monte Comunitore è il più settentrionale dei Monti della Laga. Dalla cima di questo monte, i versanti digradano dolcemente verso il fiume Tronto e sono attraversati dai confini del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Il Tronto è anche il confine del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, monti che qui si impongono con la parete sud del monte Vettore, un bastione roccioso alto più di mille metri. Dal Comunitore verso sud invece inizia il lungo crinale che, raggiunta la Macera della Morte, si tiene costantemente sopra i 2000 m fino al monte di Mezzo per concludersi poi al lago di Campotosto. Questa escursione percorre un breve tratto di questa lunga dorsale, una cresta larga, priva di difficoltà e molto panoramica.

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Spigolo delle Volpi (Pizzo del Diavolo - Sibillini)

Aperto da Tiziano Cantalamessa e Marco Vallesi questo itinerario viene ripetuto molto raramente. E' un peccato perchè la via merita anche se la roccia non è sempre ottima e le protezioni non sono certo ravvicinate. La via sfrutta alcune fessure per salire l'ampio spigolo della struttura denominata "Il Castello", una parete posta sul lato meridionale di Pizzo del Diavolo. Qui la roccia a tratti è magnifica ma sempre intervallata da zone meno compatte che richiedono una certa abitudine e un'occhio attento. Le difficoltà sono continue ed elevate con un brevissimo tratto da superare in artificiale.

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Il Farneto (Monti della Laga)

Il Farneto, da farnia (Quercus robur), una delle querce più comuni, è il nome di un vasto bosco che si estende tra il fiume Tronto e il monte Comunitore sulle propaggini settentrionali dei Monti della Laga. Un bosco molto fitto composto da quasi tutte le esenze arboree che si possono trovare a queste latitudini, oltre alla quercia, che da appunto nome al bosco, spiccano il castagno e il faggio (padrone assoluto da 1000 a 1800 m) ma non mancano tassi, abeti, pini, carpini e altro. Un manto verde continuo interrotto solo da qualche piccolissima radura. Frequentato quasi esclusivamente da cercatori di funghi, questo bosco è attraversato solo da pochissimi sentieri che, con il passare degli anni, sono sempre meno incisi e difficili da individuare. La probabilità di perdere la traccia è alta per cui occorre avere un ottimo senso dell'orientamento per poter proseguire anche senza sentiero.

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Lepora e Settecerri (Valle Castellana)

Il fosso della Pantana percorre una delle valli più impenetrabili della zona. Impenetrabile per via della vegetazione che lentamente, ma inesorabilmente, si riappropria di tutto il territorio che non viene più usato dall'uomo. Qui in effetti di presenze umane ce ne sono poche e, se non fosse per il piccolo paese di Settecerri restaurato di recente, tutta la zona sarebbe completamente abbandonata. Abbandono vuol dire sentieri difficili da trovare (e da percorrere) e poche strade. Quest'ultimo punto, da noi escursionisti, non è vissuto come una perdita anzi ci fa molto piacere. Dovunque c'è una sterrata, anche scomoda, ci sono moto e quad che scambiano le montagne per piste da cross. D'altra parte i divieti sono sempre più rari e comunque non vengono fatti rispettare, anche all'interno del Parco. L'abbandono di questa valle inizia negli anni '50 quando gli ultimi abitanti di queste minuscole frazioni si trasferiscono in città. Una scelta obbligata per quei tempi perchè il territorio qui è avaro di risorse e la pastorizia, da sempre traino economico di queste vallate, non offriva più grandi oppurtunità.

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